Libri

Libri da regalare per Natale

Non sai ancora che pesci pigliare con i fatidici doni ad amici e parenti? Guarda che è il 19 dicembre, devi darti una mossa! Ecco una lista di libri da regalare per Natale in base alla personalità e ai gusti di ognuno di loro. Perché forse sarà un Natale diverso dal solito ma l’unica cosa che possiamo fare è affrontarlo con ironia e leggerezza. Poi, non so a voi, ma a me piace da morire fare regali e ancora di più regalare (e ricevere) libri. Sono doni che costano poco e che, se scelti con cura, valgono tantissimo agli occhi di chi li riceve. Ma bando alle ciance, come dicevo siete già in ritardo.

Il fratello che si è laureato in medicina proprio in quest’anno assurdo: Il dottor Semmelweis, edito da Adelphi è un libro che racconta del primo medico che nell’Ottocento ha compreso l’importanza di lavarsi le mani e disinfettare ogni cosa (suona a tutti familiare quest’anno, vero?). Inoltre, si tratta della tesi di laurea in medicina di nientepopodimeno che Céline! Insomma, non può assolutamente mancare nella libreria di un medico del 2020.

La mamma che “quando ero ragazza io”: Finché il caffè è caldo è un libro in perfetto stile giapponese che racconta la storia di una caffetteria magica in cui è possibile tornare indietro nel tempo. Rispettando delle regole precise ovviamente e, che ve lo dico a fare, non lasciando che il caffè si raffreddi.

La sorella fanatica di Harry Potter: Se non potete regalarle una bacchetta vera portandola da Olivander potete comunque farla felice con la nuovissima edizione di Harry Potter e la pietra filosofale illustrata da MinaLima. Se vuole la comodità della lettura in italiano, nel nostro paese il libro è edito da Salani. Se invece è una fan della vecchia traduzione come me e ha già la sua copia in italiano, preferirà probabilmente la versione in lingua originale che potrete trovare nel sito dei designer o, più semplicemente, su Amazon.

Il papà che ha fatto il classico e recita ancora a memoria l’incipit di Iliade e Odissea: Madeline Miller, insegnante di greco e latino, e la sua Circe terranno a bada la nostalgia dei vostri papà per i bei tempi andati del liceo. Questo libro approfondisce uno dei personaggi più odiati e incompresi dei miti classici con abilità e sapienza, facendoci cambiare per un po’ prospettiva e forse anche idea su questa misteriosa maga.

La cugina che ha letto tutto Dostoevskij e sta per finire anche i Tolstoij a disposizione: Lo so, lo so, crisi. I nostri scrittori russi defunti non possono di certo sfornare nuovi best seller e quindi qual è la soluzione? Se ha già divorato anche tutto Gogol’ consiglio vivamente Sergej Ščukin. Un collezionista visionario nella Russia degli zar di Natalia Semënova e André Delocque, edito da Johan & Levi. Si tratta della storia di un collezionista di arte moderna russo, la cui vita non ha nulla da invidiare ai personaggi dei romanzi ottocenteschi in quanto a colpi di scena e drammi familiari. Se poi la cugina è anche appassionata d’arte l’avrete conquistata.

Il ragazzo a cui non hai mai dichiarato i tuoi sentimenti (e che non sa neanche che esisti): So quanto sia difficile parlare di ciò che si prova ma è importantissimo farlo. Se facendolo rischiamo di essere rifiutati, non provandoci affatto il due di picche è assicurato e prima o poi ci toccherà vedere la persona che amiamo mano nella mano con qualcun altro, domandandoci se poteva andare diversamente. Se proprio non riuscite a dirglielo, fateglielo leggere in una storia breve che ho trovato molto emozionante. Lettera da una sconosciuta di Stephan Zweig, edito da Adelphi.

Il migliore amico fissato con i viaggi: quest’anno gli è andata male, poverino. Ma a te non troppo! Con pochi euro puoi comunque regalare un viaggio al tuo amico, in perfetta sicurezza e a bordo del mezzo più comodo del mondo (il letto). Con Atlante leggendario delle strade d’Islanda edito da Iperborea, mappa alla mano e una leggenda per ogni luogo di questa isola incantata. Per viaggiare con la fantasia e progettare nei minimi dettagli un itinerario vero per un futuro non troppo lontano, ci auguriamo.

I consigli possono essere infiniti, come gli amici e i parenti che ci stanno accanto. E quindi, oltre alla mia lista, vi lascio quella simpaticissima di una delle mie librerie preferite di Milano, Gogol & Co., che mi ha dato l’ispirazione per questo post.

E tu quale libro vorresti ricevere per Natale?

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Libri, Scrittori

Una stanza tutta per me

È più di un mese che non scrivo sul blog. Non ho smesso di leggere, solo di parlare dei libri che leggo. L’ultimo mese a casa è stato piuttosto intenso: sono venute a trovarmi due amiche e abbiamo girato un po’ la mia splendida isola, ho cercato di stare il più possibile con la mia famiglia e catturare e trattenere nella mia mente più istanti, odori, immagini possibili di chi amo e non vedrò nei prossimi mesi.

Ho cominciato anche un nuovo progettino al quale tengo molto e che mi porta via un po’ di tempo durante il giorno (non essere geloso, blog). Si tratta di una pagina su Instagram che si chiama storiadellartealfemminile e raccoglie le testimonianze delle opere d’arte delle donne che spesso non hanno ricevuto la dovuta attenzione, né sono state inserite all’interno dei libri di storia dell’arte. Per ora è solo un profilo su Instagram che, con un po’ di fantasia, finge di essere un manuale d’arte, con pochi followers per di più. Ma un giorno, quando avrò abbastanza materiale, vorrei scrivere davvero un libro di Storia dell’arte al femminile. Mi fa stare bene far scoprire e scovare io stessa opere e storie di donne meravigliose, ignorate dai più. Per citare Virginia:

Quando leggo di una strega gettata nel fiume, di una donna posseduta dai diavoli, di una levatrice esperta di erbe, o perfino dell’esistenza della madre di qualche uomo notevole, penso che siamo sulle tracce di un romanziere perduto, di un poeta costretto al silenzio, di qualche muta e ingloriosa Jane Austen, di qualche Emily Brontë che si sarà fracassata il cervello fra le brughiere, oppure avrà vagato gemendo per le strade, resa pazza dalla tortura inflittale dal proprio talento. Infatti sarei capace di scommettere che Anonimo, il quale scrisse tante poesie senza firmarle, spesso era una donna.

Mi sa che qualche capitoletto, quando comincerò a scriverlo, lo pubblicherò pure qui, solo per fargli prendere una forma più testuale che visiva, in uno spazio che mi mette a mio agio con le parole.

Ma torniamo al post di oggi, al mio rientro a Milano. Avevo molta paura di tornare qui. L’ultimo periodo vissuto tra le mura di questa casa risaliva al pieno lockdown e, in un certo senso, è stato abbastanza traumatico. Pur avendo vissuto cinque anni a Milano, non riuscivo a non collegare questa città a quei tre mesi di quarantena. Chi mi ha aiutata a capire che dovevo tornare qui, dove ho studiato e sto tentando di costruirmi un futuro? Sicuramente non sarò un’eccellente scrittrice di gialli e voi lo avrete ormai capito da titolo, foto e citazione: Virginia Woolf.

Sono convinta che i libri abbiano degli invisibili piedini che li portano da noi al momento giusto. Nell’esatto istante in cui abbiamo bisogno di loro. Non so se siate d’accordo, non so se vi sia mai capitato di pensarlo ma a me succede di continuo. Magari ho un libro da anni, non lo leggo perché mi capita di dare precedenza ad altro e poi, un giorno, decido di iniziarlo e mi sento compresa come da un amico, quasi spiata, in verità! Sembra che capisca perfettamente il periodo che sto vivendo. Oppure accadono delle coincidenze sorprendenti che mi fanno sorridere e pensare che questi oggetti di carta e inchiostro abbiano anche una sorta di anima al loro interno, magari quella dei loro autori. Un esempio che mi viene in mente: lo scorso inverno mi sono tuffata nella letteratura russa, scoprendo di amarla moltissimo. Ho iniziato ad appassionarmene leggendo autori in ordine casuale e ricordo che una sera ero molto stanca dopo le lezioni ed ero indecisa se cominciare La morte di Ivan Il’ic di Tolstoj o se farlo il giorno dopo. Alla fine ho preso il libro in mano e ho deciso di cominciare a leggerlo per conciliare il sonno. Era il 3 febbraio e alla prima pagina, sest’ultima riga, il libro diceva che Ivan Il’ic si era spento il 3 febbraio del 1882. Un anno è composto da 365 giorni e io avevo deciso di leggere della morte di Ivan Il’ic esattamente nel giorno della sua ricorrenza. Un brivido mi ha scossa, seguito da un sorriso: sono proprio magici i libri.

Un mese fa, molto malinconica all’idea di tornare al Nord, un po’ per caso, un po’ per questa vena femminista che la mia nuova pagina mi fa pulsare dentro, ho preso dalla mia libreria due volumi brevi per un altrettanto breve viaggio in treno: Il ballo di Irène Némirovsky e Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf. A Virginia, che nel saggio tratta le donne e il romanzo, esaltando il talento del genere femminile messo a tacere e ostacolato per troppo tempo, è bastato un viaggio in treno e una frase per farmi capire quanto in realtà mi mancasse questa città, quanto avessi bisogno della mia indipendenza che mi caratterizza da cinque anni.

Se ha intenzione di scrivere romanzi, una donna deve possedere denaro e una stanza tutta per sé.

Che il denaro muova il mondo, purtroppo, lo sappiamo tutti. È poco poetico ma è così (fatevelo dire da chi non vede stipendio da giugno, causa covid). Ma quanto è vero che una donna non abbia bisogno di altro, se non di una stanza? Quattro mura da rendere proprie con le cose che ama, un fazzoletto di mondo che sia solo suo. Quanto mi è mancato questo spazio, questo angolo di privacy, questo piccolo contenitore di libri, vinili e piante dove riesco a fare tutto quello che mi piace. Torno nel mio minuscolo pianeta e ricomincio a scrivere.

Già che siamo in tema: i due ritratti di Virginia che ho inserito in questo post sono stati dipinti dalla sorella, Vanessa Bell, che era una talentuosa pittrice! Lo sapevate?

Poesia

Poesie per combattere il razzismo

Silence is violence si grida nelle strade di tutto il mondo e io in silenzio non ci voglio stare. È morto un uomo, ne sono morti molti prima di lui. Ma il video dove George Floyd dice con la voce che gli rimane di non riuscire a respirare sotto gli occhi di tutti noi, chiusi in casa per la pandemia che ci ha colpito, soltanto con quello schermo come finestra per guardare fuori, ha spinto prima gli americani, poi persone di tutto il mondo ad abbandonare la comfort zone del proprio divano e a riversarsi in strada. La rabbia ha superato la paura per un virus sconosciuto e uomini con colori della pelle differenti si sono uniti per protestare contro un virus fin troppo conosciuto: il razzismo. “Quello che sta accadendo negli Stati Uniti non ci riguarda” mi dicono alcuni. “Il problema del razzismo in America è molto diverso da quello italiano.” Vero e falso. Soprattutto negli ultimi anni in Italia la gente razzista, quella che prima si vergognava di esserlo e si nascondeva, si sente legittimata ad esserlo a causa di alcuni politici che inneggiano alla xenofobia. Oggi in molti mostrano orgogliosi la loro medaglietta di odio ingiustificato verso lo straniero. Il razzismo esiste anche qui ma per fortuna riguarda solo una parte della popolazione. Riconosco, invece, che negli Stati Uniti sia un problema grave e diverso. Perché lì il razzismo è la normalità. Due anni fa, proprio in questo periodo mi trovavo in vacanza in America. Ho trascorso lì un mese e mezzo e gli episodi di razzismo all’ordine del giorno mi hanno profondamente toccata.

A New York, nella grande mela, nella città del futuro, dentro la metropolitana, sotto i miei occhi e quelli di molti altri che sono rimasti in silenzio, un uomo bianco ha minacciato di uccidere un uomo nero. Perché? Il treno aveva frenato bruscamente e per questo motivo la spalla dell’uomo di colore aveva sfiorato quella dell’altro che schifato ha dichiarato che non doveva azzardarsi a toccarlo nuovamente perché lo avrebbe ucciso. A Baltimora, dove ho alloggiato, bianchi e neri vivono divisi. Un giorno, io e la mia compagna di viaggio siamo andate in un quartiere abitato esclusivamente da persone di colore perché volevamo visitare la casa di Edgar Allan Poe. Per pranzo ci siamo fermate in un McDonald’s che all’interno aveva personale e clientela di colore. Mentre mi apprestavo a fare il mio ordine, la cassiera della fila accanto alla mia è andata via momentaneamente e una signora appartenente a quella fila ha cominciato a urlare quanto fosse assurdo che io, con il culo bianco, venissi servita prima di lei. La cassiera che mi stava servendo ha messo in sospeso il mio ordine ed è passata alla fila accanto. In America, in alcune città, bianchi e neri si odiano solo perché hanno il colore della pelle differente ed è tutto normale. Proprio per questo motivo trovo corretto che tutto il mondo protesti per quello che sta succedendo negli Stati Uniti: perché io non posso accettare, nel 2020, di vivere in un pianeta dove il colore della pelle è sintomo di discriminazione. Non si può e non si deve rimanere impassibili e neutrali.

Silence is violence e io voglio rompere questo silenzio con la parola. La parola è un’arma vera e propria. Il razzismo è frutto di ignoranza e la letteratura, l’educazione estirpano ignoranza e razzismo. Con i ragazzi del master abbiamo scritto due articoli, uno sui grandi romanzi dell’identità nera e un altro dedicato ai più piccoli, per spiegare loro il razzismo con dei libri illustrati. A me resta la poesia, non ancora citata. La poesia che cura ogni male dell’anima e spero possa curare anche questo male del mondo.

Il tema del razzismo è trattato già dall’autore latino Seneca che si pone il problema della condizione degli schiavi e scrive in una delle Lettere a Lucilio:

Vuoi tu considerare che costui, che chiami tuo schiavo, è nato dallo stesso seme e gode dello stesso cielo e del pari respira, vive e muore! Come tu puoi vedere lui libero, così lui può vedere te schiavo.

Fino al premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo che non è rimasto in silenzio e nel 1968, in riferimento all’assassinio di Martin Luther King, ha dichiarato:

Sappiamo che alla base del razzismo c’è un complesso di ragioni finanziarie, il timore di chi possiede qualcosa davanti alla minaccia di vedersi «derubato» da altri uomini, insomma il verghiano attaccamento alla roba. Nel caso del razzismo americano o sudafricano i negri sono stati considerati la roba, oggetti che non dovevano avanzare richieste, contenti di ottenere pane e giaciglio. Ma oggi, un secolo dopo la guerra di secessione, il razzismo non è più solo una difesa economica convalidata dalle ideologie arretrate o dall’analfabetismo, è una corrente di odio, di paura, il seme della viltà e dell’isterismo che sfuggono alla volontà e all’intelligenza.

La poesia dei neri americani

Frances Harper

Frances Hellen Watkins Harper (Baltimora 1825, Philadelphia 1911), è stata una poetessa e attivista statunitense. Pubblicò il suo primo libro in versi all’età di 20 anni e si batté per i diritti delle donne, fu la prima insegnante di sesso femminile dell’Union Seminary, il suo discorso contro la schiavitù intitolato Educazione ed Elevazione della Razza Nera fu tenuto 33 volte in 21 città del New England. Sostenitrice dell’abolizionismo e del suffragio femminile, nel 1858, cento anni prima del gesto di Rosa Parks, si rifiutò di cedere il suo posto nel reparto per neri del tram e dopo questo episodio scrisse la poesia che segue.

Non seppellitemi in una terra di schiavi

Fatemi una tomba dove volete,

in una bassa pianura o sopra un’alta collina;

fatemela fra le tombe più umili sulla terra,

ma non in una terra dove gli uomini sono schiavi.

Non potrei riposare se intorno alla mia tomba

udissi i passi di uno schiavo tremante;

la sua ombra sul mio silenzioso sepolcro

lo farebbe diventare un luogo di oscuro terrore.

Non potrei riposare se udissi i passi

strascicati di un gruppo di schiavi condotti alla carneficina

e il grido selvaggio e disperato di una madre

levarsi nell’aria vibrante come una maledizione.

Non potrei dormire se vedessi la frusta

bere il suo sangue ad ogni orrenda sferzata,

e i bimbi di lei strappati al suo petto

come colombe tremanti dal nido dei genitori.

Trasalirei e inorridirei se udissi i latrati

dei segugi che afferrano la preda umana

e il prigioniero invano implorare

mentre lo legano all’odiosa catena.

Se vedessi le fanciulle strappate alle braccia materne,

barattate e vendute per la loro giovane bellezza,

i miei occhi sfavillerebbero di dolorosa fiamma,

le mie guance pallide di morte avvamperebbero di vergogna.

Vorrei dormire, cari amici, dove nessun tronfio potere

possa derubare l’uomo del suo più sacro diritto;

il mio sonno sarà calmo in una tomba

dove nessuno chiamerà schiavo il suo fratello.

Non chiedo un monumento grande e maestoso,

che arresti lo sguardo dei passanti;

tutto quello che il mio spirito ardentemente implora

è: “non seppellitemi in una terra di schiavi”.

Langston Hughes

Langston Hughes (Joplin 1901, New York 1967) è stato un poeta statunitense che il padre, preoccupato che la scrittura non gli avrebbe permesso di vivere in maniera agiata, iscrisse alla facoltà di ingegneria. Nonostante i voti eccellenti Langston fu costretto a lasciare gli studi a causa di ripetuti episodi razziali da parte di studenti e professori.

La libertà

La libertà non verrà

oggi, quest’anno 

o mai

tramite il compromesso e la paura.

Io ho gli stessi diritti

di chiunque altro

di camminare 

con le mie gambe

e possedere la terra.

Sono stufo di sentirmi ripetere

Lascia correre

Domani è un altro giorno 

Non mi serve la libertà da morto.

Non posso vivere del pane di domani.

La libertà

è un seme robusto

seminato nella grande necessità.

Io pure vivo qui.

E voglio la libertà

esattamente come te.

.

Jim Crow

Dov’è il posto per Jim Crow
Su questa giostra?
Signore, perché io voglio salire.
Giù nel Sud, da dove provengo,
Bianchi e negri
Non possono sedersi uno accanto all’altro.
Giù nel Sud, nel treno
C’è una carrozza apposta per Jim Crow
Sulle corriere ci mettono dietro,
Ma qui non v’è un retro
Per una giostra!
Dov’è il cavallo
Per un bambino negro?

.

Anch’io canto l’America

Anch’io canto l’America.
Io sono il fratello più scuro.
Mi mandano a mangiare in cucina
Quando vengono ospiti,
ma io rido
e mangio bene
e divento forte.
Domani,
siederò a tavola
quando vengono gli ospiti.
Allora
Nessuno oserà
Dire di me
E poi,
vedranno come sono bello
e si vergogneranno:
anch’io sono l’America.

Wanda Coleman

Wanda Coleman (Los Angeles 1946, 2013) è stata una poetessa molto conosciuta in California, definita the L.A. Blueswoman, che per tutta la vita si è battuta per la dignità e i diritti della sua gente. Cresciuta nel quartiere di Watts, noto per la rivolta afroamericana del 1965, Wanda fu una delle principali attiviste nella lotta contro il razzismo e i metodi repressivi della polizia, principali temi trattati all’interno dei suoi versi.

Non saranno poeti

arriveranno con l’elicottero prima di mezzogiorno
le autorità li invieranno fra di noi
assalteranno i nostri quartieri e isoleranno
le strade vicine
arriveranno con caschi e con tute mimetiche
la loro tenerezza protetta da giacche anti-proiettili
le mani in alto per fermare i sospetti e gli innocenti

meglio che arrivi disarmato. meglio che cammini
con le tue mani
dove loro possono vederle

non sono permesse parole aggressive
niente è permesso al di là della loro esperienza
nessun accesso senza permesso

questo eterno nemico non sta scherzando
lo scopo di questa azione è il silenzio
rimozione e trasferimento seguiranno dopo
attualizzati da burocrati con culi alti

dopo che i fuochi superficiali della polemica si sono spenti
e tutti i media hanno riattivato la loro indifferenza questa esistenza è cancellata
scappa se devi. però attento al cerchio