È più di un mese che non scrivo sul blog. Non ho smesso di leggere, solo di parlare dei libri che leggo. L’ultimo mese a casa è stato piuttosto intenso: sono venute a trovarmi due amiche e abbiamo girato un po’ la mia splendida isola, ho cercato di stare il più possibile con la mia famiglia e catturare e trattenere nella mia mente più istanti, odori, immagini possibili di chi amo e non vedrò nei prossimi mesi.
Ho cominciato anche un nuovo progettino al quale tengo molto e che mi porta via un po’ di tempo durante il giorno (non essere geloso, blog). Si tratta di una pagina su Instagram che si chiama storiadellartealfemminile e raccoglie le testimonianze delle opere d’arte delle donne che spesso non hanno ricevuto la dovuta attenzione, né sono state inserite all’interno dei libri di storia dell’arte. Per ora è solo un profilo su Instagram che, con un po’ di fantasia, finge di essere un manuale d’arte, con pochi followers per di più. Ma un giorno, quando avrò abbastanza materiale, vorrei scrivere davvero un libro di Storia dell’arte al femminile. Mi fa stare bene far scoprire e scovare io stessa opere e storie di donne meravigliose, ignorate dai più. Per citare Virginia:
Quando leggo di una strega gettata nel fiume, di una donna posseduta dai diavoli, di una levatrice esperta di erbe, o perfino dell’esistenza della madre di qualche uomo notevole, penso che siamo sulle tracce di un romanziere perduto, di un poeta costretto al silenzio, di qualche muta e ingloriosa Jane Austen, di qualche Emily Brontë che si sarà fracassata il cervello fra le brughiere, oppure avrà vagato gemendo per le strade, resa pazza dalla tortura inflittale dal proprio talento. Infatti sarei capace di scommettere che Anonimo, il quale scrisse tante poesie senza firmarle, spesso era una donna.
Mi sa che qualche capitoletto, quando comincerò a scriverlo, lo pubblicherò pure qui, solo per fargli prendere una forma più testuale che visiva, in uno spazio che mi mette a mio agio con le parole.
Ma torniamo al post di oggi, al mio rientro a Milano. Avevo molta paura di tornare qui. L’ultimo periodo vissuto tra le mura di questa casa risaliva al pieno lockdown e, in un certo senso, è stato abbastanza traumatico. Pur avendo vissuto cinque anni a Milano, non riuscivo a non collegare questa città a quei tre mesi di quarantena. Chi mi ha aiutata a capire che dovevo tornare qui, dove ho studiato e sto tentando di costruirmi un futuro? Sicuramente non sarò un’eccellente scrittrice di gialli e voi lo avrete ormai capito da titolo, foto e citazione: Virginia Woolf.

Sono convinta che i libri abbiano degli invisibili piedini che li portano da noi al momento giusto. Nell’esatto istante in cui abbiamo bisogno di loro. Non so se siate d’accordo, non so se vi sia mai capitato di pensarlo ma a me succede di continuo. Magari ho un libro da anni, non lo leggo perché mi capita di dare precedenza ad altro e poi, un giorno, decido di iniziarlo e mi sento compresa come da un amico, quasi spiata, in verità! Sembra che capisca perfettamente il periodo che sto vivendo. Oppure accadono delle coincidenze sorprendenti che mi fanno sorridere e pensare che questi oggetti di carta e inchiostro abbiano anche una sorta di anima al loro interno, magari quella dei loro autori. Un esempio che mi viene in mente: lo scorso inverno mi sono tuffata nella letteratura russa, scoprendo di amarla moltissimo. Ho iniziato ad appassionarmene leggendo autori in ordine casuale e ricordo che una sera ero molto stanca dopo le lezioni ed ero indecisa se cominciare La morte di Ivan Il’ic di Tolstoj o se farlo il giorno dopo. Alla fine ho preso il libro in mano e ho deciso di cominciare a leggerlo per conciliare il sonno. Era il 3 febbraio e alla prima pagina, sest’ultima riga, il libro diceva che Ivan Il’ic si era spento il 3 febbraio del 1882. Un anno è composto da 365 giorni e io avevo deciso di leggere della morte di Ivan Il’ic esattamente nel giorno della sua ricorrenza. Un brivido mi ha scossa, seguito da un sorriso: sono proprio magici i libri.
Un mese fa, molto malinconica all’idea di tornare al Nord, un po’ per caso, un po’ per questa vena femminista che la mia nuova pagina mi fa pulsare dentro, ho preso dalla mia libreria due volumi brevi per un altrettanto breve viaggio in treno: Il ballo di Irène Némirovsky e Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf. A Virginia, che nel saggio tratta le donne e il romanzo, esaltando il talento del genere femminile messo a tacere e ostacolato per troppo tempo, è bastato un viaggio in treno e una frase per farmi capire quanto in realtà mi mancasse questa città, quanto avessi bisogno della mia indipendenza che mi caratterizza da cinque anni.
Se ha intenzione di scrivere romanzi, una donna deve possedere denaro e una stanza tutta per sé.
Che il denaro muova il mondo, purtroppo, lo sappiamo tutti. È poco poetico ma è così (fatevelo dire da chi non vede stipendio da giugno, causa covid). Ma quanto è vero che una donna non abbia bisogno di altro, se non di una stanza? Quattro mura da rendere proprie con le cose che ama, un fazzoletto di mondo che sia solo suo. Quanto mi è mancato questo spazio, questo angolo di privacy, questo piccolo contenitore di libri, vinili e piante dove riesco a fare tutto quello che mi piace. Torno nel mio minuscolo pianeta e ricomincio a scrivere.

Già che siamo in tema: i due ritratti di Virginia che ho inserito in questo post sono stati dipinti dalla sorella, Vanessa Bell, che era una talentuosa pittrice! Lo sapevate?
Ho letto con piacere le tue parole, sono
piene di spunti di riflessione, autentiche
e naturali.
E’ vero quella cosa delle coincidenze, anche
per i libri, è capitata la stessa cosa a me!
🙂 buon mercoledì
Monica
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Grazie mille per le tue di parole! Buona giornata e buone letture. 🙂
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Grazie 🙂
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Questa citazione l’avevo messa anche sul mio blog. Forse oggi siamo un pò più fortunate 🙂
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Senza dubbio oggi lo siamo più che allora e Virginia lo prevede anche in una parte del libro! 🙂
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Questo libro mi incuriosisce molto, vorrei ordinarlo come regalo anticipato di Natale. Ogni scusa è buona per regalarmi libri 😂
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